Castello di Torre Alfina

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Il borgo di Torre Alfina, la cui storia si intreccia indissolubilmente a quella del castello sin dall’Alto Medioevo, si staglia a 602 metri sopra il livello del mare in uno spazio geografico che bacia ben tre regioni: Umbria, Lazio e Toscana. Parte del comune di Acquapendente, in provincia di Viterbo, il borgo è incastonato come una pietra preziosa all’interno di un paesaggio lussureggiante che lascia senza fiato. Con le grandiose torri del castello a dominare dall’alto, il borgo entra in questa cornice colmo di fascino e di mistero, tanto da essere inserito a pieno titolo tra i Borghi più belli d’Italia.

Origini e storia

Sfuggono del tutto le circostanze delle origini, ma la posizione strategica a guardia di importanti vie di comunicazione, che attraversano anticamente il territorio, ne indica la funzione difensiva in un sistema facente capo a Orvieto. Una cronaca del ‘500 fa risalire la fondazione della prima torre detta “del Cassero” all’ VIII sec., ma le prime testimonianze documentarie compaiono nel 1200. Ed è a partire da questo periodo che la storia del castello e del borgo si intreccia con quella dei Monaldeschi della Cervara. Proprio a Sforza Monaldeschi della Cervara (+ 1584), famoso uomo d’armi, si deve l’iniziativa di trasformare l’antica struttura fortificata ed elegante residenza di campagna sul modello rinascimentale. 

Gli artefici ingaggiati erano gli stessi che lavoravano anche nella cattedrale di Orvieto e nel palazzo Monaldeschi della città, Ippolito Scalza per le opere di scultura e architettura e Cesare Nebbia e la sua bottega per la decorazione pittorica. I Monaldeschi conservarono la proprietà fino alla metà del XVII secolo, quando per via ereditaria passò alla famiglia Bourbon del Monte.

Nel 1880 Guido Bourbon del Monte la vendette al banchiere di Anversa Edoardo Cahen, che avviò un restauro totale del palazzo affidando il progetto all’architetto senese Giuseppe Partini. Seguendo la tendenza del revival in voga in quel periodo, Partini realizzò un’imponente struttura in stile neogotico rivestita in pietra grigia di Bagnoregio, occultando l’autentico aspetto medievale e le stratificazioni rinascimentali. Della dimora cinquecentesca dei Monaldeschi restano il prospetto del cortile interno e un’ala al primo piano che conserva un camino monumentale in pietra e un ciclo decorativo che celebra la casata. Il figlio di Edoardo Cahen, Teofilo Rodolfo, completò i lavori, commissionando la decorazione pittorica all’artista romano Pietro Ridolfi (1906) e i raffinati pannelli delle porte all’ebanista senese Tito Corsini (1915). Nella rinnovata ed elegante residenza Rodolfo tornò a soggiornare fino alla promulgazione delle leggi razziali, quando fu costretto ad abbandonare definitivamente l’Italia. Diversi passaggi di proprietà segnano la storia successiva del castello.

Esterni e interni

La solenne atmosfera evocata dalle torri difensive e dalla merlatura che corre lungo tutto il perimetro viene presto ammorbidita dai giardini e dai cortili in stile squisitamente rinascimentale. Un raffinato giardino all’italiana impreziosisce gli ampi spazi en plen air del castello e si apre su un panorama che toglie il respiro. Le geometrie delle siepi, la fontana ed i suoi giochi d’acqua, le aiuole, un giardino segreto dove poter ufficiare cerimonie e celebrazioni. Spazi in grado di ospitare fino a 300 posti a sedere a tavola (500 per soluzioni congressuali) in ogni stagione dell’anno, grazie all’allestimento di giardini d’inverno e strutture coperte e riscaldabili.

Se gli esterni del castello creano una dimensione romantica e sognante, gli spazi interni sono a testimoniare il prestigio di una dimora storica senza eguali. Le sale, le gallerie, i marmi, gli affreschi: è qui dentro che la Storia si fa materia. La capacità e la multifunzionalità dei numerosi ambienti fanno sì che gli interni del castello si prestino all’allestimento di ogni tipo di evento. Su oltre 2000 mq si snodano spazi più grandi, come la galleria Edoardo Cahen al piano terra, che può ospitare fino a 160 persone e spazi più piccoli, come la cucina ottocentesca o la sala biliardo, ideali per buffet e degustazioni.

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