Il palazzo fu voluto da Monsignor Antonio Viscontini, che ne affidò il progetto agli architetti Ippolito Scalza d’Orvieto e Taurello Taurelli Salimbeni di Acquapendente. I lavori per la realizzazione del palazzo, commissionato nel 1581, procedettero abbastanza velocemente almeno per il corpo di fabbrica, vista la data MDLXXXII (1582) incisa su uno dei basamenti della facciata. L’edificio era stato sicuramente completato al ritorno del Viscontini dalla Francia il 28 giugno 1588. Alla morte del prelato, avvenuta nel febbraio 1591 mentre nel palazzo si svolgeva il ricevimento della Corte Pontificia in occasione della visita del conte Ettore Sfondrati, il palazzo venne ereditato dalla nipote Egidia. Successivamente esso passò alla famiglia Benci, alla quale rimase per tutto il XVII secolo, e da questi alla famiglia Cerri. Oggi il palazzo è proprietà privata.
La pianta del palazzo, che è costruita su uno schema a “U”, si sviluppa attorno a quattro cortili minori e alla corte centrale chiusa su tre lati e aperta lungo il quarto sul giardino. Sopra il portico che si apre sul cortile, è collocata la loggia del piano nobile, sorretta da pilastri rettangolari. La scala con due rampe, oggi utilizzata per salire al loggiato dal cortile, è stata costruita nel Novecento ed è l’unico intervento consistente compiuto sul palazzo nei secoli successivi alla sua fondazione. Originariamente l’ingresso alla loggia avveniva attraverso lo scalone posto nel portico del cortile. In parte del porticato sono ancora visibili alcuni affreschi, in cui appare lo stemma a tre bisce dei Viscontini.
Sulla facciata centrale, la plasticità delle decorazioni va diminuendo dal basso verso l’alto, creando un contrasto tra i chiaroscuri delle bugne dei portali del pian terreno, il balcone e i timpani del piano nobile e la superficie liscia e luminosa dell’ultimo piano coronata da un cornicione. Il piano terreno, arricchito da panchine, che hanno uno scopo unicamente decorativo, su cui si appoggiano i bugnati dei portali, si presenta particolare rispetto alle altre opere realizzate precedentemente dall’architetto Scalza perché le finestre vengono sostituite da porte rettangolari, tutte decorate da bugne a cuscino. Tali entrate permettevano l’accesso alle rimesse, in cui venivano alloggiate carrozze e cavalli degli ospiti del Viscontini e che erano direttamente collegate con il cortile interno del palazzo. I personaggi illustri entravano dal portone centrale, attraverso il quale da un androne si accedeva al portico del cortile e da qui al piano nobile, dove si trovavano le stanze destinate agli ospiti. Per la sistemazione del loro seguito il Viscontini provvide all’acquisto di una serie di case limitrofe, in modo da non rendere lo spazio all’interno del palazzo troppo angusto.
Il portale centrale ad arco è decorato da bugne a cuscino. Sull’arco delle bugne si sovrappongono due mensoloni con triglifi da cui pendono le pigne. Le finestre allungate del piano nobile danno all’intera struttura un forte slancio in contrasto con il pesante balcone. L’ultimo piano si presenta più basso rispetto ai primi, emergendo ugualmente rispetto alle case a schiera circostanti vista la sua maggiore altezza. La facciata è conclusa da un cornicione ornato con mensole intagliate e continui motivi decorativi, quali gigli, roselline, stelle, rotelle e losanghe. Al centro appaiono gli stemmi del Viscontini e quelli dei suoi protettori, i Farnese e i Lorena, presenti anche all’interno dell’edificio. Le facciate laterali, con quattro finestre per piano, si presentano meno decorate e più lineari, ricoprendo in questo modo la funzione di inquadratura della facciata centrale.
Le stanze del piano terreno hanno una dimensione costante di cinque metri circa, la stessa mantenuta nelle sale laterali del piano nobile e in netto contrasto con la pianta irregolare trapezoidale del salone centrale. A questo si accede dalla loggia esterna: grazie alla sua doppia altezza, l’enorme ambiente prende la luce dalle tre finestre del piano nobile e dalle quadrature dell’ultimo piano. In esso primeggia un enorme camino, disegnato dallo stesso Scalza, decorato da due mensoloni che, per mezzo di triglifi, sostengono una cornice modanata con decorazione in stucco. Il soffitto del salone è andato purtroppo perduto, mentre si conservano gli affreschi delle due sale che si affacciano sul fronte del palazzo. Essi rappresentano scene del Vecchio Testamento, incorniciate da decorazioni “a grottesche” con motivi vegetali, figure geometriche, animali e figure umane. Le restanti decorazioni delle porte interne al palazzo non riflettono lo stile dello Scalza e si potrebbe quindi ipotizzarne l’attribuzione al Taurelli.
All’ultimo piano, a cui si accedeva tramite una scala a chiocciola posta nell’androne d’ingresso, erano collocate le cucine e gli alloggi per la servitù.
AA.VV. Acquapendente e il suo territorio. Regione Lazio, Assessorato alla Cultura, Spettacolo, Sport e Turismo. Direzione regionale cultura, sport e turismo, area valorizzazione del territorio e del patrimonio culturale. Avellino 2004.
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